Persone e business management nelle fattorie sociali
Nel terzo evento del progetto Coop4Work, operatori e ricercatori si sono posti l’obiettivo di delineare il modello Veneto delle fattorie sociali, con particolare attenzione ai temi della persona e del business management.
La gestione delle persone
Il termine “agricoltura sociale” appare negli anni 2000 per definire realtà che offrono servizi alla popolazione, in particolare inclusione sociale e lavorativa, in ambito rurale. Marica Liotino, dottoressa e ricercatrice presso l’Università di Padova, ha condotto uno studio su tre realtà – Conca d’Oro, Agricolmente e Terra d’Incontro – che evidenzia i punti in comune nei loro progetti di agricoltura sociale.
Le tre realtà puntano a offrire prodotti agricoli di qualità, biologici e a km 0, tramite l’utilizzo di metodologie che rispettano l’ambiente. Anche gli obiettivi sociali sono comuni: l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, il superamento degli approcci assistenziali e la creazione di reti.
Secondo la dott.ssa Liotino, «organizzazione orizzontale, coesione interna e senso di appartenenza sono gli ingredienti fondamentali per il benessere della persona-lavoratore nelle fattorie sociali.»
«Nelle fattorie sociali non c’è separazione tra dipendenti e utenti. Attraverso la personalizzazione dell’intervento si crea una squadra in cui ognuno porta con sé le proprie particolarità.» La dott.ssa Ylenia Costa ha evidenziato la forte complementarietà tra il settore agricolo e quello sociale, anche se non è facile trovare l’equilibrio giusto tra le due dimensioni: uno squilibrio verso la produzione farebbe perdere di vista la finalità sociale, mentre uno squilibrio verso la componente sociale intaccherebbe il valore economico e la sopravvivenza dell’azienda.
Se questo equilibrio funziona, la persona da un lato ottiene un’occupazione, dall’altro si vede riconosciuti ruoli ed esperienza, ritrovando così il proprio posto nella società. Il contesto di fattoria sociale sarà un incubatore di questa nuova forma di welfare di comunità, perché permette a tutti di essere partecipativi.
Il modello di business
Il modello della fattoria sociale, in quanto impresa, deve soddisfare obiettivi di sostenibilità e obiettivi di produzione specifici. Considerato questo, la dott.ssa Maria Stella Zantedeschi e il ricercatore Giulio Minto hanno seguito un approccio di tipo manageriale per individuare il modello di business più adatto per le fattorie sociali.
La ricerca trae le sue basi dal Business Model Canvas, modello ampiamente consolidato per le realtà for profit, per arrivare a un Canva maggiormente legato alla sostenibilità e al raggiungimento di valori etici: il Society Intimacy Business Model.
«È un modello di social business ibrido» spiega il dott. Minto. «Per via dell’interdipendenza tra il fattore agricolo e quello sociale, c’è la necessità di mantenere alto il livello di flessibilità e di adattamento nel tempo.»
La particolarità di questo modello è che, oltre a includere la proposta di valore (inclusione sociale e alimentazione sana), considera in ogni singolo aspetto anche i beneficiari (i lavoratori), che rappresentano la ragione d’essere delle cooperative stesse.
Nelle parole della dott.ssa Zantedeschi: «La capacità che le fattorie sociali devono avere è quella di produrre allo stesso tempo una sostenibilità imprenditoriale e un impatto positivo sui soggetti individuati come beneficiari.»
Il modello sottolinea infine i ruoli della sostenibilità e della società, e ha un focus particolare sui clienti, in quanto desiderosi di acquistare prodotti con uno scopo etico.
Le testimonianze delle fattorie sociali
Centrali, in questo terzo incontro di progetto, sono stati anche i due interventi di chi opera all’interno delle fattorie sociali.
Fabio Comunello, presidente di Conca d’Oro, ha parlato dell’agricoltura sociale come di «un’opportunità per effettuare una piccola rivoluzione culturale che parte dal linguaggio.» Ad oggi, infatti, non esiste ancora un linguaggio identificativo delle realtà agricole-sociali. Termini come “terapia”, “riabilitazione”, “utenti”, largamente utilizzati in contesti affini, non rispondono pienamente ai principi che sostengono la fattoria sociale.
«Gli interventi che gli operatori attuano nelle fattorie sociali» specifica Comunello, «devono essere interventi con la disabilità e non sulla disabilità.»
Andrea Lago, vicepresidente di Gruppo Polis, si è collegato al tema parlando della fattoria sociale Fuori di Campo, che si pone l’obiettivo di offrire nuove opportunità a persone svantaggiate attraverso progetti fortemente personalizzabili.
Fuori di Campo è caratterizzata da un’équipe multidisciplinare che ha sviluppato, intorno all’attività di coltivazione degli ortaggi, un servizio educativo per gli stakeholder. Secondo Lago, «affinché il modello della fattoria sociale possa continuare a rispondere ai bisogni presenti sul territorio, è fondamentale che offra un servizio flessibile nel tempo. Produzione agricola e servizi educativi molte volte non si conoscono abbastanza, per questo hanno bisogno di facilitazioni per essere tenute assieme.»