FOCUS YLENIA COSTA – Dall’agricoltura sociale al welfare generativo
L’agricoltura sociale rappresenta un’integrazione tra le pratiche dell’agricoltura tradizionale e i metodi utilizzati per la riabilitazione e l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Le fattorie sociali, oltre a favorire l’inclusione sociale, devono porsi l’obiettivo di guardare alle comunità e creare servizi educativi innovativi, che siano di supporto anche per le famiglie.
Di questo tratta la ricerca della dottoressa Ylenia Costa Agricoltura sociale: la valorizzazione della multifunzionalità agricola a favore dell’inclusione della disabilità e la promozione di un welfare generativo.
Un modello polifunzionale
L’indagine qualitativa della dott.ssa Costa ha l’obiettivo di capire come l’agricoltura sociale possa essere considerata una risposta inclusiva, attraverso l’esperienza delle fattorie sociali.
La somministrazione di domande aperte a cinque realtà ha fatto emergere un aspetto principale: le fattorie sociali sono contesti dove c’è una forte complementarietà tra il settore agricolo e quello sociale. Di conseguenza, prevedono la compresenza di professionisti con un sapere tecnico agrario e di professionisti con un sapere educativo.
Quello dell’agricoltura sociale è dunque un modello polifunzionale; svolge cioè tre ruoli distinti, che non riguardano più solo la produzione agricola, ma anche la relazione con i servizi e con lo spazio comunitario. Proprio questo carattere multifunzionale permette e facilita il rapporto tra le imprese e i territori di appartenenza.
L’equilibrio dei valori economici e sociali
Altro aspetto emerso dai risultati è la compresenza dei valori economici e sociali. Un abbinamento all’apparenza contrastante, ma fondamentale per capire il carattere del modello dell’agricoltura sociale. L’equilibrio tra queste due dimensioni è vitale, perché uno squilibrio verso una sola dimensione porterebbe a conseguenze negative.
Nello specifico, porre attenzione solo alla finalità produttiva vorrebbe dire perdere di vista l’individuo e gli obiettivi sociali e rieducativi, portando all’esaurimento della persona. Viceversa, curare solo la dimensione sociale significherebbe trascurare gli obiettivi economici e intaccare la solidità dell’azienda, fino a minacciarne la sopravvivenza stessa.
Al centro di queste pratiche deve rimanere sempre e comunque la persona, che, attraverso il lavoro agricolo, ottiene non solo un’occupazione, ma si vede anche riconosciuti i ruoli e le esperienze, trovando un proprio posto nella società.
Un nuovo welfare di comunità
Per raggiungere questo equilibrio sono necessarie due logiche: l’organizzazione e la progettazione. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, non c’è mai improvvisazione all’interno delle fattorie sociali, perché in tutti i contesti rieducativi tramite il lavoro, il progetto diventa la chiave per garantire l’efficacia e l’adeguatezza dell’intervento educativo della persona.
L’agricoltura, che è parte del settore primario, assume la configurazione sociale solo se fa riferimento ad uno specifico assetto di conoscenze e competenze che sono frutto di valutazione e pensiero.
Ci sono degli aspetti tipici del lavoro agricolo che permettono all’agricoltura di offrire a tutti delle opportunità e di rispondere alle diverse esigenze delle persone, dando a tutti un ruolo attivo. Queste caratteristiche sono, in particolare, la flessibilità e l’adattabilità del lavoro agricolo, che permettono a tutti di ottenere delle risposte personalizzate ai propri bisogni.
Le persone non vengono semplicemente incluse in un contesto lavorativo, ma all’interno dell’intero ciclo produttivo dell’azienda, dove ogni attività, anche quella più semplice, è molto importante per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
Le realtà prese in esame dimostrano di poter offrire diversi servizi al territorio e rispondono all’esigenza di multifunzionalità agricola con cui si apre la ricerca, e che permette un altro passaggio: la creazione di una relazione inaspettata tra disabilità e territorio.
In questo modo, il contesto di fattoria sociale dimostra di poter assumere una nuova forma di welfare chiamato welfare di comunità, perché permette a tutti di essere partecipativi.